Ormai siamo agli sgoccioli di una trattativa che potrebbe avere un vero grande sconfitto al Festival: il buon senso. Entro la prossima settimana, presumibilmente venerdì 8, la Rai deciderà se restare a Sanremo oppure cambiare città e, di conseguenza, la storia della gara di canzoni più popolare del mondo.
La trattativa, si sa, va avanti da mesi e discende principalmente dalla legittima volontà di passare dall'era della convenzione con un unico soggetto (la Rai) a quella del bando pubblico aperto a tanti altri soggetti. Fatto il bando, ha risposto solo la Rai (decisione presa all'unanimità dal cda, che però ora ha qualche ripensamento). Poi è iniziato un braccio di ferro tra Comune, che chiede sostanzialmente più soldi (gli ormai famosi 6 milioni e mezzo) oltre all'1 per cento sugli introiti pubblicitari e ad altre istanze come quella di ammettere sul palco dell'Ariston i due vincitori del concorso Area Sanremo, e Rai che è molto concentrata su marchio e format, anche in previsione dell'accordo sulle cinque edizioni post 2026.
Se non si troverà un accordo, la Rai farà il festival della canzone da qualche altra parte (Torino è una candidata forte, ma tante città pagherebbero per farlo), Sanremo si farebbe il suo proprio festival e si sbriciolerebbe quindi uno dei più forti binomi italiani. I celebri slogan "Tutti guardano Sanremo" o "Perché Sanremo è Sanremo" passerebbero nel dimenticatoio, come dicono tutti. In ogni caso ci vorrebbe molto tempo per accettare l'idea di Festival senza Sanremo. Nel frattempo il Comune (che mantiene uno strettissimo riserbo) avrebbe senza dubbio un importante contraccolpo economico soprattutto sul fronte alberghiero, del commercio e della ristorazione (e difatti Confesercenti e Confcommercio esprimono preoccupazione). Una situazione che prevedibilmente metterebbe in crisi anche la giunta del sindaco Alessandro Mager, espressione di una lista civica che nel 2024 ha battuto l'avversario di centrodestra.
In questo quadro si è inserito anche Enzo Mazza, ceo della Fimi, Federazione dell'Industria Musicale, che ha consigliato al Comune di riconoscere il ruolo centrale, all'interno del progetto Festival, del servizio pubblico e dell'industria musicale. Di più. Comprensibilmente sono stati chiesti all'amministrazione di Sanremo anche impegni "sia economici che di sviluppo infrastrutturale". In poche parole un miglioramento logistico della struttura (il Teatro Ariston) o la ricerca di una nuova. Inoltre, la discografia chiede l'aumento a 120mila euro del rimborso agli artisti in gara, che potrebbe essere in parte coperto anche dal Comune. L'alternativa, si dice, è "un concreto rischio di disimpegno" e quindi che Sanremo rimanga con il cerino in mano, visto che al bando non ha partecipato nessun altro oltre la Rai. Un quadro che deve essere visto che in prospettiva mercato: quest'anno i brani di Sanremo hanno avuto globalmente meno successo rispetto a quelli dell'edizione precedente e, nel concreto, potrebbe essere l'inizio di una tendenza non positiva. Dall'altra parte, un Festival della Rai senza Sanremo sarebbe decisamente meno goloso per gli investitori pubblicitari, almeno all'inizio.
Insomma un braccio di ferro che, se non vincesse il buon senso, avrebbe solo due perdenti (uno forse di più).